Francesco Tonucci, pedagogista, scrittore e insegnante
Negli anni ottanta la Coop nazionale chiamò Mario Lodi e me, insieme a Carlo Brutti, per far parte del Comitato Scientifico delle Giornate dei Giovani Consumatori: manifestazioni educative con attività, mostre, laboratori per suggerire a bambini e ragazzi della scuola dell’obbligo comportamenti responsabili e critici rispetto ai consumi, alla pubblicità, ai rifiuti. Ciascuno di noi partecipava alle varie manifestazioni incontrando educatori o bambini e ragazzi in attività di dibattito o di laboratorio.
Il mio contributo era prevalentemente artistico. Le mie proposte miravano a stimolare nei bambini la produzione creativa, dando loro degli stimoli e proponendo di rompere gli schemi, produrre nuove forme o adattare alle forme date nuovi contenuti e significati.
Ricordo a questo proposito due esperienze: l’incontro con Frato sul fumetto e un gioco creativo sulle virgolette, simbolo grafico delle Giornate. Nel primo caso presentavo i miei personaggi, come rappresentare le loro espressioni visive e come farli parlare, urlare, sussurrare. Invitavo poi i bambini a non imitare i miei disegni ma a inventarne di nuovi, personali, per rappresentare le loro storie. La seconda esperienza era l’invito a utilizzare il profilo delle due virgolette del logo delle Giornate per dare loro altri significati come animali, oggetti, piante… Per fare questo era a disposizione dei bambini un album con due virgolette in bianco in ogni pagina.
Il significato di queste proposte era semplice e molto “Rodariano”: alla fantasia non c’è limite, è sempre possibile inventare qualcosa di nuovo e tutti possono farlo. La fantasia rompe lo schema rigido del giusto e sbagliato e apre nuovi orizzonti alla creazione e alla cooperazione: insieme si può di più perché si vedono cose nuove e cose diverse.
Naturalmente il contributo di Mario Lodi era più specifico e più profondo. La sua scuola, per le sue scelte, per il suo metodo e per la sua ispirazione era una vera e propria “scuola di cooperazione”. Non è un caso che sia lui che io militassimo nel Movimento di Cooperazione Educativa, che faceva della cooperazione il suo vero metodo di lavoro e la sua bandiera educativa.
Su questo potremmo ragionare a lungo, ma mi limiterò qui a due esempi soltanto: il testo collettivo e la Cooperativa a scuola. L’attività scolastica iniziava ogni giorno con la lettura dei testi liberi, cioè dei brevi racconti con cui i bambini riferivano i fatti importanti che avevano vissuto nel pomeriggio fuori di scuola. Fra i testi se ne sceglieva uno e ci si lavorava insieme, analizzandolo parola per parola, migliorandolo e arricchendolo, facendolo diventare un testo collettivo, un testo di tutti.
Con questo metodo nei tanti anni di scuola si scrissero veri e propri libri, pubblicati come libri indipendenti e di cui furono autori Mario Lodi e i suoi ragazzi. Due esempi famosi sono Cipì e La Mongolfiera. Ma nella classe di Lodi i bambini avevano creato una vera e propria Cooperativa, con statuto, soci, regolamento. Ne facevano parte tutti gli alunni e solo loro avevano diritto di voto. La Cooperativa amministrava il giornalino scolastico riscuotendo le quote di abbonamento, provvedendo alle spese e redigendo periodicamente il bilancio. Era un modo molto serio e concreto per fare matematica. E non solo!
Come scrisse lo stesso Mario Lodi (La Cooperativa in classe, 1989):
« Una genuina associazione cooperativa, cui i ragazzi partecipino col cuore e con la mente, è il più perfetto ambiente educativo che si possa creare. […] Il ragazzo che si è indentificato col suo gruppo […] è atto a far propri problemi degli altri, della comunità nazionale, e anche dell’intera umanità ».