Essere persone. Persone felici. Sane. Consapevoli. Persone attive, perché pensanti. E pensanti, perché attive. Persone coerenti con la propria età: il diritto di una bambina o di un bambino è quello di essere e fare cose da bambina e da bambino di oggi, non cose da adulto di domani. Esistesse una bacchetta magica per fare questo, sarebbe tutto più facile. Ma a noi non piacciono le cose facili, a noi piacciono le cose stimolanti. E la scuola è – o dovrebbe essere – una fucina giornaliera di stimoli. Mica facile essere under 14 in questi tempi: non solo noi generazioni precedenti abbiamo costruito un presente contorto e irto di grigi presagi, amplificato da parole come “crisi”, “paura”, “odio”, chiusura”, “inquinamento” che tolgono ossigeno alla serenità e alla speranza. Non contenti di questo, abbiamo contribuito a compromettere in maniera indelebile il futuro del… futuro, minando gravemente lo stato di salute del pianeta e dando tinte fosche a qualsiasi visione o prospettiva. Con il rischio di trasferire l’idea ai nostri figli che quella meravigliosa avventura che si chiama crescita avrà un porto di arrivo sporco e ammalato, ferito e inospitale. Ambiente e futuro: uno non può fare a meno dell’altro. E uno deve interagire con l’altro. Non possiamo pretendere che siano le prossime generazioni a mettere una toppa ai nostri errori: ma insieme a loro dobbiamo diventare protagonisti di nuovi stili e comportamenti, sostenibili e responsabili, necessari e rivoluzionari. Rivoluzionari proprio perché portatori di cambiamento e capaci di sgretolare solidificate consuetudini. E la scuola, luogo del sapere, del saper fare e del saper essere, diventa palestra privilegiata per sperimentare la necessità – e le opportunità – che caratterizzano il momento storico. La scuola, ambiente in cui nascono pensieri e relazioni, personalità e talenti, idee e intuizioni. La scuola, spazio di confronto e approfondimento, apprendimento e simulazione, messa in gioco e messa in discussione. Ma, soprattutto, la scuola come quotidianità. Come giorno per giorno. Come possibilità di poter incidere, far germogliare, contagiare con le buone pratiche (buone perché innovative, perché ragionate, perché studiate per trovare il giusto equilibro tra la persona, le persone e l’ambiente).
La scuola insomma come campo di prova, da cui partire per poi allargare conoscenze e competenze alla famiglia, al quartiere, alla società. Questa è cittadinanza attiva: riportare sul territorio quello che nasce in classe, rigenerare il territorio con sollecitazioni e istanze, proposte e provocazioni. Una scuola che c’è, che si apre all’esterno, che non si arrende al “così fan tutti”. Sì, perché la scuola è ambiente e futuro. E solo una scuola viva e vivace può essere anche una scuola di vita.